Sapete quando entri in fissa con un ristorante, vedi mille foto online e devi assolutamente provarlo? Vi capita mai? A me succede praticamente ogni giorno e la lista di solito include non meno di un centinaio di posti. Questi locali con cui mi fisso sono più o meno sempre sparsi per l’Italia e per il mondo quindi tendezialmente difficili da raggiungere.
La mia ultima fissa invece si trova a Roma, ha aperto un paio di settimane fa, a metà maggio, ed è facile da raggiungere. Quali altre scuse c’erano per non provarlo? Quindi di sabato sera ho preso un’amica, il suo fidanzato, il mio fidanzato e ci siamo diretti da Zia, una delle ultime novità di Trastevere.
Zia è il ristorante dello chef Antonio Ziantoni, ex Pagliaccio, ex Gordon Ramsay, 32enne di Vicovaro. Dal nome potrebbe sembrare un ristorante di cucina casalinga ma non fatevi ingannare: la complessità dei piatti è il tratto distintivo del menu e i giochi di sapori e consistenze non ha nulla a che spartire con la cucina della zia.
Il menu è breve, ma racchiude piatti che esaudiscono ogni desiderio: 5 antipasti, 5 primi, 5 secondi, 4 dolci. Due tasting menu, uno per il pranzo a 28 euro e uno per la cena a 45 euro. L’unica pecca del percorso di degustazione è che deve essere lo stesso per tutto il tavolo, quindi per assaggiare molte più cose noi abbiamo scelto di mangiare alla carta.
Come entrèe ci hanno portato tre finger food: un cono croccante con crema di squacquerone, gelato al pomodoro e polvere di pomodoro e cipolla, una cialda al fungo con polvere di fungo e una guancia di merluzzo fritta nel pane panko con maionese al rafano.
Per quanto riguarda gli antipasti abbiamo scelto di provarne quattro: Cozze, calamari e ceci, Animelle di agnello, cardoncelli e pecorino, Salmone e le sue uova e Uovo in brodo.
I miei preferiti sono stati sicuramente Cozze, calamari e ceci, dove il sapore terroso dei ceci bilanciava la sapidità delle cozze e la leggerezza del calamaro, e Uovo in brodo, un uovo alla brace (????) con la consistenza del nitamago giapponese accompagnato da un brodo alla liquirizia veramente delizioso e sgrassante.
Passando ai primi, abbiamo provato i tortelli di coniglio con gamberi crudi e tartufo estivo, serviti in una avvolgente bisque di gamberi, i ravioli di zucchine con acqua di mozzarella e acciughe e gli spaghetti alla chitarra con ragù di quaglia, gelato al pistacchio e ricotta affumicata.
I piatti erano tutti ottimi, io in particolare ho mangiato i tortelli di coniglio che erano veramente deliziosi. Avevano un unico difetto: ne avrei potuti mangiare 100, invece erano solo 9.
L’idea che mi è piaciuta di più nei primi però è stata quella del gelato al pistacchio sopra alla chitarra alla quaglia. Dopo aver mantecato gli spaghetti con il gelato e la ricotta salata si ottiene una consistenza liscia e morbida, in cui spiccano la croccantezza della granella di pistacchi e la ruvidezza del ragù di quaglia.
Visto che eravamo li per provare abbiamo deciso di assaggiare anche due secondi: il maccarello con melanzane alla brace, accompagnata da una bisque con pancia di maiale e cialda a forma di lisca di pesce, e l’anatra con albicocca e terrina di fegatini.
L’anatra era veramente spaziale, un’ottima cottura e si sposava perfettamente con la leggera acidità dell’albicocca.
Il maccarello era ovviamente buono, ma a mio parere un po’ sottotono rispetto a tutti gli altri piatti.
Prima del dessert ci hanno portato uno dei dolci più buoni che io abbiamo mai assaggiato: camicie di cioccolato bianco con mandorle e frutti rossi ripiene di mousse di gorgonzola e gelée di lamponi, il tutto servito in un piatto con aghi di pino e ghiaccio finto fumante. La portata perfetta per ripulire il palato prima del dolce.
Anche i dolci sono stati entrambi stupefacenti. Abbiamo assaggiato il parfait al caramello con gelato al pepe madagascar e cagliata di capra e il cremoso alla mandorla con sorbetto alla pesca e estratto di rosmarino e kombucha. Il primo era una goduria croccante, morbida, speziata, dolce, tutto contemporaneamente. Anche il secondo era ottimo e l’accompagnamento con il kombucha al rosmarino è stato particolarmente apprezzato.
Abbiamo deciso di accompagnare la cena con un Verdicchio dei Castelli di Jesi “Campo delle Oche”, scegliendo da una carta dei vini non eccessivamente ricca ma che, a mio parere, può rispondere ad ogni esigenza.
Passando al capitolo prezzi, devo ammettere che mangiando 4 antipasti, 4 primi, 2 secondi, 4 dolci, una bottiglia di vino e due di acqua panna abbiamo speso relativamente poco per un ristorante che si posiziona sicuramente in una fascia alta. Il conto infatti è stato di 198 € totali, quindi circa 50 euro a testa, meritatissimi.
P.s. Io non vedo già l’ora di tornarci per scoprire il menu estivo 😉
P.s.s. L’unico difetto di questo ristorante, su due livelli, è la finestra che dà sulla traversa di Via Goffredo Mameli, dove ciclicamente si sono seduti ragazzi a bere birra, lasciando le bottiglie sul gradino una volta finito. Da dire però che la cameriera è sempre uscita a toglierle.
Leave A Comment