Sapete cos’è il Celler di Can Roca? Se la risposta è NO dovete per forza continuare a leggere qui, come se lo conoscete ma non ci siete mai stati.
Circa un anno fa mia sorella ed io abbiamo deciso di prenotare un tavolo al Celler di Can Roca di Girona, ristorante Tre Stelle Michelin e primo ristorante al mondo nella classifica World’s 50 Best Restaurants nel 2013 e nel 2015, e secondo nel 2018, dietro all’Osteria Francescana di Massimo Bottura. I protagonisti indiscussi del ristorante sono i fratelli Roca: Joan, lo chef, Josep, il sommelier, e Jordi, il pasticcere e protagonista di una delle più belle puntate di Chef’s Table, che se siete curiosi a proposito di questo mondo dovete necessariamente vedere.
Il ristorante, che ha solo 12 tavoli, è veramente molto difficile da prenotare e il fatto di avercela fatta, anche se con un anno di anticipo, ci ha permesso di vivere un’esperienza indimenticabile e impossibile da ripetere nella vita.
A Girona El Celler è un’istituzione, in giro per la città si trovano i cartelli simili a quelli che si trovano a Roma per lo Zoo, ma noi abbiamo deciso comunque di andare a dormire all’Ibis Budget Hotel Girona – Costa Brava (qui il link per avere uno sconto su Booking.it), a circa 5 minuti di macchina dal ristorante, soprattutto perché una cena qui dura più o meno 4 ore, quindi volevamo essere vicine.
La nostra prenotazione era per le 20:15 ma noi, io, mia sorella e due amiche, abbiamo deciso di arrivare con qualche minuto di anticipo per poter fare qualche foto lì davanti (ne vedete una in copertina) e per visitare le cucine, un posto magico che se andrete dovrete per forza vedere.
Subito dopo ci hanno fatto accomodare al nostro tavolo nella sala principale, che ha al centro un meraviglioso giardino d’inverno di aceri racchiuso in un triangolo di vetro.
Nel menu due degustazioni: quella classica e quella di festa. Noi abbiamo optato per la seconda, un percorso di 14 portate.
Prima di partire con il menu però arrivano altre 7 portate, degli omaggi dalla cucina, che servono un po’ da contesto per il menu successivo.
I primi finger food arrivano al tavolo su un mappamondo e rappresentano varie tappe della vita dei fratelli Roca: la Turchia, l’Egitto, il Messico, il Perù, Singapore.
Ognuna di queste tapas racchiude tutti i sapori della cucina a cui si ispira.
La Turchia unisce agnello, yogurt, cetriolo, cipolla e menta; l’Egitto è una piccola piramide di hummus; il Messico un taco di patata messicana con mango, cipolla, limone, annatto e coriandolo; il Perù è rappresentato dalla “Causa Limena”, una piatto tipico della gastronomia peruviana, e Singapore invece da una pallina con granchio piccante.
Oltre ai piatti qui viene proposto anche un gioco: il Perù e Singapore puntano entrambi su Perù nel mappamondo, quindi dopo aver assaggiato le tapas bisogna scegliere quale è quella che deve rimanere ferma e quale spostare così da attivare un meccanismo che apre il mappamondo e mostra il “brodo primordiale” all’interno: gelatina di acqua di mare con caviale. Magia…
Dopo il mappamondo sulla postazione di ogni commensale viene aperto un pop up che rappresenta i tre fratelli: Joan in cucina, Josep che serve da bere e Jordi in bicicletta tra le nuvole. Il piatto ha un nome davvero speciale: Ricordi di un bar nei sobborghi di Girona (il bar dei genitori) ed è composto da altri 5 tapas. Una sfera con all’interno un liquido di genziana e arancio, un panino interamente fatto di calamaro in diverse consistenze, una chips con una brandade di merluzzo, una mini baguette di rognone allo sherry e il cannellone di carne di Montse (la mamma dei fratelli Roca). Anche in questo caso ogni assaggio è stato più stupefacente del precedente, in un’escalation di sapori che quasi spaventa. Il tutto è stato accompagnato da una birra “La Garrofera Cervesa Rupestra Ars Natura Liquida” preparata direttamente nel ristorante.
Subito dopo arriva il terzo entrèe: della pancia di tonno con zenzero in un brodo spesso, umami, delizioso.
Il quarto è invece un intero Olivo bonsai al quale sono appese due olive a testa, una verde e una nera. Ci viene consigliato di mangiare prima quella nera, un’oliva fritta, e poi quella verde, un guscio con all’interno gelato all’oliva. Già qui ero quasi sopraffatta dall’emozione, soprattutto per la presentazione dei piatti che è spettacolare.
Il quinto entrèe è un cucchiaio servito su una sezione d’albero con all’interno polline di pino, pinoli, avocado, asparagi verdi e vinaigrette alla pigna. Come leccare un albero, ma preparato da uno chef.
Il sesto è un consommè di funghi del posto con vitello stagionato. Non ho parole per descriverlo, anche qui ci sono dei fortissimi sentori di bosco, che però non disturbano affatto.
L’ultimo è una brioche al vapore (credo, era morbidissima) di Saint George Mushrooms, in italiano Prognoli, molto amati dalla cucina dei Roca a quanto pare.
È qui quindi che comincia il vero e proprio menu, una serie ancora infinita di piatti uno più spettacolare dell’altro, che insieme creano un lungo viaggio attraverso la mente di questa famiglia che ha fatto della ristorazione la sua ragione.
Mare e monti vegetariano: alghe, erbe primaverili, tra cui anche l’erba ostrica, e fiori. Un piatto che aveva sentori di carne e pesce senza averne minimamente dentro.
Insalata arancione: purè di patate dolci, purè di carote, zafferano e aceto, marmellata di yuzu, salsa di carote, mandarino, mela, succo d’arancia, zenzero, salsa sriracha, mango grigliato, barbabietola gialla, insalata di cicoria, topinambur e mango con aria di peperoncino, bottarga e tonno essiccato. Forse il piatto che mi è piaciuto meno, ma di una complessità perfetta.
Verdure primaverili sottaceto con salsa romesco di noci: un piatto che parla delle radici catalane dei fratelli Roca.
Piselli alla brace, emulsione di bucce di piselli e vaniglia. Un piatto molto più complesso rispetto alla lista di ingredienti, che mi ha stupito molto, soprattutto per le consistenze.
Questi antipasti sono stati seguiti prima da tutta una serie di piatti a base di pesce.
Ajoblanco con sgombro: l’ajoblanco è una zuppa fredda andalusa, simile al gazpacho, con un sapore molto particolare. In più qui, davvero stupefacenti sono le consistenze, in un gioco che confonde la vista e quindi anche il palato.
Asparagi bianchi con anemoni di mare e noci: per quanto io non ami gli asparagi il piatto era veramente molto buono.
Gambero marinato con aceto di riso: succhi della testa, zampe croccanti e vellutata di alghe. Forse il piatto che mi è piaciuto di più, un tutto-il-gambero-minuto-per-minuto.
Scampo con artemisia, olio alla vaniglia e burro tostato: scherzavo, è questo il piatto che mi è piaciuto di più, voluttuoso e carico nella sua leggerezza.
Nasello semi stagionato, fumetto, pesto di asparagi e rucola, peperoncini grigliati e olio di rucola: è difficile definire i piatti a questo punto, anche qui degli spunti davvero notevoli.
Triglia (pesce del giorno) al vapore ripiena di anemoni di mare e alghe: quasi mi sono sentita male quando ci hanno portato a fare vedere la triglia intera con i suoi occhietti che ci guardavano, però il piatto era davvero molto buono.
Poi siamo passati ai piatti di carne:
Magret d’anatra affumicato con arancia: questo piatto mi ha ricordato tantissimo l’infanzia, l’anatra all’arancia della nonna di un’amica.
Pastrami di vitello con purè di sedano rapa, midollo e verdure sottaceto: un altro pezzo di cuore, il pastrami, che diventa un piatto che ricorderò per sempre, anche se con il sedano rapa che odio sinceramente.
Subito dopo siamo passati ai dolci di Jordi:
Petrichor (il profumo di pioggia sulla terra asciutta): terra distillata, gelato alla sciroppo di pino, biscotto di carruba, polvere di abete, biscotto al cacao. Un dolce intelligente e sorprendente.
Viaggio all’Havana (che ha sostituito la torta di Whiskey): un sigaro di cioccolata ripieno di panna aromatizzata al tabacco accompagnato da un finto mojito con gelatina al lime, goccie di rum e granita di menta. Uno dei dolci più famosi di Jordi Roca, che, mangiato tutto insieme, è geniale. Il sigaro aromatizzato al tabacco invece da solo non mi ha fatto impazzire.
Fiore Bianco: sambuco, acacia, fiori d’arancio, guanabana, litchi e mela verde. Sicuramente un dolce scenografico, con un sapore molto particolare e una presentazione speciale.
In più è stato esaudito anche un nostro desiderio: ci siamo accorte dopo la fine della cena che era disponibile anche il Dessert Lactico, un altro cavallo di battaglia di Jordi, e abbiamo chiesto di provarlo. Questo è stato probabilmente il dessert che mi è piaciuto di più, sia per la sua idea che per il suo sapore. Viene preparato caramello al latte, gelato di latte di pecora, spuma di crema di latte di pecora, yogurt di pecora e zucchero filato al latte e ha aiutato a fermare l’estinzione di una pecora autoctona della regione di Girona. My favourite in assoluto.
Dopo tutto il menu al tavolo arrivano due carrelli, uno con dei petite fours, da accompagnare al caffè, e uno con vari tipi di cioccolata. La cosa più particolare di tutto questo è proprio il carrello dei cioccolatini, che non ha ruote, ma gambe, e viene fatto camminare per la sala.
Due cose hanno accompagnato questa cena davvero speciale: una selezione di pane di tutti i tipi, che noi abbiamo preso più e più volte perché era veramente buonissimo, e un abbinamento di 20 vini dalla cantina da oltre 60.000 bottiglie di Josep Roca.
Il servizio avrebbe potuto essere evidentemente migliore, ma il fatto di avere ben due camerieri italiani che ci spiegavano i piatti per me ha fatto la differenza.
Parliamo un attimo di soldi: ovviamente questa non è una cena a buon mercato ma considerate le 3 stelle Michelin, la posizione della classifica 50 best e il numero enorme di piatti che viene servito posso dire che aver speso 331 euro a testa non mi è sembrato nemmeno eccessivo. Il menu di festa costava infatti 215€ e l’abbinamento dei vini 110€.
Come ultima cosa prima di andare via da questa cena spettacolare abbiamo ricevuto il menu stampato e abbiamo anche chiesto di farlo firmare da Joan Roca, con cui abbiamo fatto anche una foto. Se vogliamo l’unico rimpianto che avrò di questa cena sarà non essere riuscita a fare una foto con Jordi, che era appena andato via quando ci siamo alzate da tavola. Questo è sicuramente un buon motivo per tornare al Celler de Can Roca, oltre ovviamente tutta la magnifica cena che rifarei anche subito.
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